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  • Immagine del redattoreFabio Salvati

SCHIAVA DI PICASSO di Osvaldo Guerrieri- Regia di Blas Roca Rey


Nessuno è un grand’uomo per il proprio cameriere, si dice. Figuriamoci per la propria schiava.

Il Teatro Off Off propone la riduzione teatrale del romanzo omonimo di Osvaldo Guerrieri in cui si narrano le vicende della faticosa relazione sentimentale tra Pablo Picasso e Dora Maar, fotografa e (poi pittrice) surrealista. Il titolo della pièce potrebbe anche sembrare eccessivo, ma la bravissima interprete Monica Rogledi si incarica, con i registri coerenti con tutte le declinazioni della vicenda tra i due (ora passionale, ora mortificante, ora marginale), di raccontarci tutto intero quel ciclo sentimentale da cui avrebbe ricavato niente più che crisi di pianto e accessi di gelosia, una diagnosi di squilibrio psichiatrico (con tanto di ricovero, di sedute di elettroshock e terapie con il dr. Lacan in persona), l’abbandono della sua sfolgorante carriera di fotografa di strada (per farsi modella per il Maestro e trasferire il suo volto nell’icona di pianto impressa sul dipinto di Guernica) o per farsi pittrice ella stessa, destinata fatalmente a un piano subalterno rispetto al Genio.

Tra gli slanci passionali dei primi tempi della conoscenza con il grande artista ultracinquantenne (lei ventottenne) e l’assaggio della sua tempra di narcisista patologico, Dora finisce progressivamente nel lasciarsi risucchiare senza vie di uscita nel vortice di una relazione schiavizzante, nella quale lei diventa “macchina per soffrire”, a disposizione dei capricci malsani di un uomo che la utilizzava per affermare se stesso, come quando le recava le sue nuove conquiste nei rifugi delle sue peregrinazioni inquiete.

A salvarla dal piano alienato della sua esistenza, l’incontro con la devozione religiosa, mentore un frate benedettino e forse la consapevolezza acquisita con la maturità di essersi comunque fregiata –pure attraverso un percorso di sofferenza- del privilegio di aver condiviso una storia unica, vicino a un artista che non ha mai percepito come amante, ma semplicemente come padrone.

L’intensa narrazione è sostenuta dagli intermezzi cantati da Barbara Cestoni che rimandano al contesto parigino sorgivo di quella relazione, con l’accompagnamento impeccabile della chitarra di Gabriele Santori. L’attenta regia di Blas Roca Rey segnala la sua presenza nella discrezione degli elementi scenici della narrazione e nel piano misurato della stessa, nonostante i contenuti drammatici. I costumi sono di Lucia Mariani.

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