Non ci sono veroniche intellettuali o incursioni nel metaforico in questo spettacolo andato in scena ieri alla Sala Umberto. Due bravi attrici, Marina Confalone e Mariangela D’Abbraccio, rispettivamente nel ruolo della madre e della figlia danno vita a uno spettacolo dove la vita si riserva un posto scomodo, tant’è che la figlia in scena, Jessie intende rinunciarvi con un gesto suicidario. Tutto qua? Tutto qua.
La realtà in tutta la sua brutale declinazione si pianta come un ospite ingombrante dentro l’ambientazione di un tinello (scena efficacemente narrativa firmata da Alessandro Chiti, che quindi ha fatto il suo perfetto lavoro) rischiarato da un piazzato triste, che ricorda l’illuminazione essenziale di tanti nostri ricordi.
In mezzo c’è il dramma della comunicazione di quella intenzione, lucida, testarda, irremovibile alla madre vedova Thelma.
Nessuna concessione alla tenerezza o alla cautela in questo passaggio: sia per chi riceve la notizia che per chi la dà. E forse sta proprio qui la forza di questa pluripremiata pièce che ha conosciuto una riduzione cinematografica con Anne Brancfort e Sissy Spacek e nel 1984 fu portata sui palcoscenici italiani grazie al Piccolo Teatro, con Lina Volonghi e Giulia Lazzarini.
I 100 minuti di questo atto unico sono così riempiti dal confronto asciutto, man mano sempre più serrato, tra due personalità che convivono dopo i rispettivi esiti dei loro destini: la madre, vedova mai amata, la figlia divorziata e mai compresa. Ci sono anche fallimenti evocati all’interno di questo loro confronto, il figlio fratello Ricky, tossico e ladro, e Max ex marito di Jessie, ma la misura del confronto è duale. Senza rivendicazioni accorate, ma con la freddezza indossata fino dal principio, la figlia rimprovera certe balbuzie materne che hanno determinato col tempo la presa di distanza dalla vita. Più facile per lei nascondere certe problematiche (anche importanti, di salute) che affrontarle e il massimo del nascondimento ora è deporre definitivamente la mascherata e eclissarsi nel buio, non prima di aver dettato alla madre che resta un decalogo di istruzioni di inaudita freddezza sulle cose da fare.
La madre affronta la notizia con una gamma di reazioni, sempre gestite con padronanza dall’interprete: prima incredula, fino alla sottovalutazione che sembra perfino cinica, poi sempre più drammaticamente compresa, ma mai capace veramente di un gesto di condivisione capace di suscitare ripensamento.
Dal 15 al 25 febbraio al Teatro Sala Umberto
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