
La rivoluzione sessuale e i lasciti del boom economico visti dalla parte della periferia.
La vicenda personale di Nicola, un maturo ultracinquantenne che rivede la sua formazione, dalla venuta al mondo in una famiglia dove la madre veste i panni dimessi di una casalinga che si arrangia con lavori di sartoria e proietta il desiderio di emancipazione nell’attesa di una figlia alla quale conferire il nome del mito eponimo degli anni Sessanta, quella Patty Pravo, al secolo Nicoletta Strambelli, che incarnava per la semplice platea televisiva di quei tempi il modello della trasgressione.
Canzoni in luogo di riflessioni: questo il massimo del processo di fusione di quegli anni di rivolgimenti. E di canzoni -e del nome stesso della Patty- viene intrisa la giovinezza di Nicola che si porta dietro certe irresolutezze di genere (forse attribuibili all’insoddisfatta aspettativa filiale della madre) che lo porteranno in primis a sospirare per la figura virile del padre, troppo presto scomparso, e a sintetizzare le sue oscillazioni identitarie (oltre che le sue urgenze economiche, una volta rimasto orfano di entrambi) nella scelta di vivere la professione della strada in mezzo ai travestiti, come lui.
E’ questa la parte più godibile della pièce, laddove Gianni De Feo, interprete dal talento indiscutibile e versatile, non solo si esibisce –scortando con i temi canori le tappe della sua narrazione- nelle partiture più note della ex regina del Piper, ma soprattutto dà mostra della sua massiccia consistenza attoriale, capace di creare un tappeto mimetico di alta densità, nonostante i contenuti della sua narrazione non palesino tematiche particolarmente sorprendenti. In un volgere pacato e composto di travestimenti, l’epopea del protagonista percorre i temi ben noti dell’adescamento mercenario, fino alla curvatura sentimentale rappresentata dall’incontro fatale con Giovanni, un padre di famiglia, in fuga dalla sua esistenza banalmente prospera.
Il racconto colloca a questo punto una suggestiva variante di prospettiva, che merita di essere protetta dallo spoiler, in perfetta simmetria e coerenza con l’impostazione intellettuale di fondo, laddove si vuole che l’esercizio trasgressivo diventi costume ordinario, a disposizione di qualunque soggettività, rimedio non solo per le ferite della partenza (come quelle raccontate dall’interprete, nella modalità Nicola), ma piuttosto uscita di emergenza dalla prigione di quelli che vengono raccontati come i modelli e i conformismi della specie etero.
Direzione musicale di Alessandro Panatteri, scene e costumi Roberto Rinaldi, luci Luca Vergoni e audio Lorenzo Galliani
Comments