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  • Immagine del redattoreFabio Salvati

ZOZOS di Giuseppe Manfridi - Regia di Claudio Boccaccini

Aggiornamento: 26 feb 2018

Il tema si annuncia scabroso, di quelli che animano le leggende metropolitane, tramandate a voce bassa, per condividere la sostanza pruriginosa del racconto. Una scena vuota, due sedie in primo piano, in terra -squadernato in tutta la sua lunghezza- un paracadute i cui lembi servono da pudica copertura per i due protagonisti sulla scena: una coppia avvinghiata -ma meglio sarebbe dire incastrata- in esito a un rapporto anale che irrimediabilmente li imprigiona in modalità siamese, l'uno alle spalle dell'altra.

La matura protagonista femminile (magnifica l'interpretazione di Siddhartha Prestinari) ha incontrato in una palestra un giovane dai tratti efebici (incarnato dal bravissimo Paolo Roca Rey) risolvendosi a lasciarsi tentare da un rapporto sessuale. Ma non sarà una botta e via. L'imprevisto li obbliga a chiedere aiuto al padre del giovane, che fortunatamente è un ginecologo, disponibile a intervenire in soccorso con gli strumenti del mestiere. Ma il genitore accorso sul posto (un efficacissimo e divertente Riccardo Barbera) recherà prima di tutto il caustico dileggio per la scena che gli si presenta davanti agli occhi, obbligando la donna alla dissimulazione del proprio volto per la vergogna. L’ingresso del terzo protagonista scandisce una curvatura narrativa, aprendosi lo spazio per una digressione di memorie passate, dentro alle quali si nasconderà una sequenza di colpi di scena. La scabrosa situazione diventa così soltanto un pretesto narrativo per dar vita a qualcosa di simile a una tragedia greca, declinata sempre in forma spassosa (il gioco si rivela attraverso una recitazione che diventa classica e attraverso l’allusione all’Edipo re, con un’allitterazione ironica al personaggio di Giocasta e il finale in perfetta sintonia con il genere). La messa in scena –nell’apparente semplicità dei mezzi espressivi in campo- rivela tutto il mestiere del regista Claudio Boccaccini, che lascia tutto lo spazio che merita a un copione denso e importante, non rinunciando al suo personalissimo sigillo di fabbrica, nelle soluzioni narrative (bellissimo il richiamo iconografico a Magritte) e nel particolare disegno luci.





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