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  • Immagine del redattoreFabio Salvati

ROMEO L'ULTRA' E GIULIETTA L'IRRIDUCIBILE - scritto e diretto da Gianni Clementi




Le tifoserie della capitale, si sa, sono da sempre percorse da una conflittualità irriducibile e non di rado sanguinosa. La strada per il recupero di un sano protocollo della rivalità è stata sempre additata come l'unica praticabile per restituire decenza allo spettacolo sportivo. Ma è una strada contrassegnata finora da troppi fallimenti, scanditi a partire perlomeno dall’indimenticato dramma del tifoso Paparelli.

Ci prova ancora attraverso un poderoso allestimento teatrale lo spettacolo in scena in questi giorni e fino al 5 maggio al Teatro Sala Umberto. La pièce prende spunto dalla celeberrima storia d'amore scritta da William Shakespeare, collocando la rivalità dei nuclei di appartenenza dei due giovani innamorati Romeo e Giulietta sulle opposte tifoserie di Roma e Lazio, laddove la famiglia dei Capuleti è rappresentata da Er Catena (fantastica la performance di Stefano Ambrogi) e quella dei Montecchi da Er Murena (di cui veste panni e fede giallorossa Marco Prosperini). Fatalmente la narrazione, tutta declinata in versi con perfette rime incatenate, incrocia una folla di personaggi, sordido quadro vivente intorno all'evento calcistico, che sembra rappresentare l'unica leva dell'interesse e dell'agire quotidiano.

Così compaiono tutti i personaggi ricalcati sul modello shakesperiano, ma che qui prendono intitolazioni coatte: c’è un frate di strada (Frate Lorenzo nell’originale, detto semplicemente Er frate) , ridotto ai margini della Chiesa per la sua consuetudine con l’emarginazione e per la sua spiccata propensione allo sballo, un poeta stravagante (assimilabile alla figura mitica di Mercuzio, chiamato semplicemente Er Poeta) dalle doti atletiche invidiabili (l’ottimo Gianmarco Vettori), i quattro servitori del dramma originario, Abramo, Gregorio, Sansone e Baldassarre, diventati rispettivamente Schizzo, Er Babbuino, Spadino e Er Lumaca, che insieme alle figure modellate su quelle dei cugini Benvolio e Tebaldo (qui Er Colombia e Er Cobra) scortano la narrazione, incarnando la dimensione agita più movimentata della rappresentazione.

In loro aggiunta, due personaggi di diverso stampo (l’ineffabile spasimante di Giulietta, Paride che qui diventa il gretto Er Macarena) e il sindaco della città, che presiede e sorveglia l’incorreggibile vocazione bellicosa degli schieramenti.

Tra le tifoserie così articolate, arrampicate su una struttura di tubi innocenti a simulare gli spalti dello stadio, si accendono duelli, come se l’unica declinazione possibile della dialettica tra i due schieramenti fosse, desolatamente, il confronto fisico a colpi di coltello.

Inevitabilmente, il dramma non tarda a compiersi e due giovani restano vittime della guerra tra le tifoserie, annunciando il dramma finale che vedrà Romeo –l’omicida dell’iracondo Er cobra- esiliato dalla città (non più a Mantova, come nel dramma originario, ma più prosaicamente a Terni), mentre Er Catena, padre di Giulietta, inconsapevole della proibita scintilla d’amore nata tra la figlia e il giovane di fede romanista, si avvia a far celebrare le nozze di Giulietta con il pidocchioso Macarena. L’epilogo tragico è ben noto a tutti e la pièce lo ripropone puntualmente, fatte salve le deformazioni narrative obbligate dall’ambientazione e dall’aggiornamento dei personaggi.

Ma la forza di questa importante novità sulla scena romana sta proprio in questo: in oltre due ore lo spettacolo in scena si sviluppa intorno a una trama perfettamente nota a tutti, ma sorprendendo continuamente per carica dinamica, con frequenti spunti divertenti, impeccabile nell’incedere narrativo. Il merito va essenzialmente al testo di pregevolissima fattura uscito dalla penna di Gianni Clementi, che firma anche la regia. Ma impossibile tacere della straordinaria performance di un collettivo di attori perfetti nell’amalgama e tutti coerenti con i rispettivi ruoli assegnati.

Uno spettacolo assolutamente da non perdere.

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