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Immagine del redattoreFabio Salvati

IL BERRETTO A SONAGLI di L. Pirandello Regia di Francesco Bellomo

Diavolo di un Pirandello: proprio quando sei portato a concludere che la vicenda cui vai assistendo è ampiamente consunta dallo scorrere del tempo -che ha invecchiato concetti e categorie come la rispettabilità e l’adulterio- si erge d’improvviso il graffio leonino del grande drammaturgo, pronto a sferzare noi, uomini d’oggi, e le nostre categorie, consunte più che mai ma nelle cui spire continuiamo a dibatterci ancor oggi.

Un po’ come simbolicamente accade a Beatrice, la protagonista della pièce,

in questi giorni in scena al Teatro Ghione, quando improvvisamente vede spuntare dalla biancheria di casa due orrendi scorpioni. E’ il punto di svolta della narrazione drammaturgica che fino a quel momento sembrava affrontare semplicemente i conflitti di una coppia in crisi coniugale, per via del sospetto adulterio dell’uomo.

L’impuntatura della verifica di quel sospetto da parte della moglie tradita, coinvolge la rispettabilità di Ciampa, fedele collaboratore di quella casa, la cui giovane moglie è al centro di quel sospetto. La vicenda sembra declinare verso un piano drammatico ma che invece scivola, fatalmente, come spesso nella drammaturgia pirandelliana, su quello beffardo, ma non per questo meno amaro. E’ lì, nella chiusa del secondo atto, che tutto l’adattamento della commedia -dove la stella del protagonista Gianfranco Jannuzzo brilla più che mai- dimostra la sua forza, fino a evocare tutte le crudeli risorse emotive nascoste in una partitura che all’apparire sembrava tutto sommato ordinata e riposta. Proprio come un corredo di biancheria, insidiato però da una coppia di scorpioni.

Un apprezzamento globale va a tutta la Compagnia e alla regia, con un plauso speciale ai divertenti caratteri secondari, tutti molto ben interpretati.

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