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  • Immagine del redattoreFabio Salvati

GRISELIDIS, MEMORIE DI UNA PROSTITUTA


di Coraly Zahonero


Ha debuttato sulla piazza romana al teatro Parioli lo spettacolo “Griselidis Memorie di una prostituta”, un testo (dicono le note di sala di grande successo nei teatri d’Oltralpe) scritto da una famosa attrice della Comedie Francaise.

Impossibile coltivare sorprese: come rivela diligentemente il titolo, si tratta del diario di una puttana (inutile ingentilire il frasario per un testo che chiama sempre le cose con il proprio nome) tutto proteso a rivelare (laddove se ne sentisse il bisogno…) la dinamica che si determina nel rapporto cliente-prostituta, i vari gradi della perversione non di rado correnti, quell’atmosfera di degrado che pervade gli incontri e che non lascia salvi né la donna né l’uomo.

Una gabbia in perfetto stile Guantanamo avvolge lo scarno salotto in cui “agisce” l’attrice Serra Yilmaz (anche se per la verità gli unici movimenti di scena avvistati sono solo qualche spostamento sconclusionato del divano e lo sciorinamento delle lenzuola di copertura degli “arredi” alla fine).



Lungo il perimetro di quell’insensata gabbia –che disturba non poco la visione- la regia ha pensato bene di far scorrazzare un musicista di sax ad aggiungere insensatezza e strazio alla visione e all’ascolto della platea.

Il teatro di narrazione si è scavato da tempo una nicchia di autorevole dignità, grazie a artisti come Marco Paolini, Baliani, Celestini, Ovadia, ma è noto che la dimensione diegetica a teatro deve necessariamente essere sostenuta da uno stile narrativo capace di colpire il cuore dello spettatore, se non vuole correre il rischio del racconto da pianerottolo, in stile “signora mia”.

Qui l’attrice turca Serra Yilmaz (autrice anche della traduzione), sciorina un racconto condito da espressioni di crudo naturalismo (gli unici momenti in cui la platea dà segni di vita, ciò che la dice lunga sulle scelte autorali..) e da riflessioni più o meno amare (ma tutte rigorosamente risapute) in uno stile piano e monotòno, spesso abbassando la voce fino al limite dell’inascoltabile (un delizioso cadeau per gli affranti spettatori ?), sempre sovrastata da quell’insensato ruotare intorno a lei di quella cornice musicale ideata a supporto (?!) della narrazione.

Luci piazzate illuminano la scena dall’inizio alla fine, ma di quando in quando, in una deriva di insensatezza che non poteva risparmiare anche il disegno luci, un faro si accende di lato o qualcosa illumina e poi spegne il fondale (liberando il sospetto iniziale che qualcuno stesse usando i servizi...)

Ora lo spettacolo è atteso da una tournee.




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