Ha debuttato ieri sera nella piazza romana del Teatro Sala Umberto Bukurosh mio nipote, il seguito di un grande successo della scorsa stagione teatrale, che ha contato oltre 200 repliche in tutta Italia.
Si tratta di una vicenda ambientata nel salotto romano di un politico di secondo piano (interpretato da Francesco Pannofino) alle prese con i problemi della sua rudimentale vocazione, ma soprattutto con una moglie (la bravissima Emanuela Rossi), che si industria con la cucina molecolare e una figlia adolescente invaghitasi di un giovane operaio albanese capitato in casa per lavori di ristrutturazione, insieme allo zio (un grandissimo Maurizio Pepe, che dà vita e voce a un perfetto esemplare di operaio dell’Est tutto forza e lavoro, in un controcanto divertentissimo con le consuetudini borghesi di questo Occidente sazio e disperato).
Intorno, una piccola corte di congiunti e vicini queruli e stravaganti, che aggiunge sale alla già spassosa situazione centrale di scena.
Il seguito andato in scena ieri (e che si tratterrà al Teatro Sala Umberto per 4 settimane, prima di partire in tournee) mette sul palcoscenico gli stessi personaggi, di ritorno dal matrimonio in Albania della giovane rampolla di casa (la bella e brava Elisabetta Clementi), alle prese con una gravidanza percepita come costrittiva rispetto alle sue ambizioni di influencer, che la ragazza impone con esuberanza volitiva al malcapitato giovane coniuge albanese (interpretato da Filippo Laganà).
La saga di questa fortunata pièce prosegue sul medesimo registro comico della prima puntata, i personaggi di contorno cresciuti di definizione (Silvia Brogi impersona una stralunata reduce del politicamente corretto, alle prese con il risveglio dei sensi e Andrea Lolli un alto ufficiale compìto e stravagante nella sua inclinazione omosessuale e nella sua ossessione citazionista) conseguendo il risultato di due ore di ottimo svago.
L’autore Gianni Clementi –vera e propria firma di garanzia della Commedia contemporanea- ha ancora una volta fatto centro, ma non si può tacere del contributo della solida regia di Claudio Boccaccini, capace di contenere nei ranghi della commedia, senza sbavature nel macchiettismo, un materiale narrativo a forte dosaggio di estroversione.
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